Non sempre il percorso creativo di un’artista è in progressione come una linea retta ed un suo ritorno al passato debba essere visto come un’inversione ad U.
Questo suo guardarsi indietro può rappresentare un differente sguardo frutto di elaborazioni successive relative a vicende vissute o ambienti frequentati. E’ questo il senso emerso dall’incontro con la pittrice internazionale Karen Thomas al vernissage della sua mostra intitolata “Agorà 2016” che si tiene nei locali dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio in via dei Portoghesi 6 a Roma, sotto l’alto patrocinio dell’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede Dott. Antonio de Almeida Ribeiro.
La mostra resterà aperta fino al 30 settembre, tutti i giorni, dalle 18 alle 20. Nel corso della presentazione Karen Thomas ci ha rivelato che la sua personale è composta da 15 opere realizzate negli anni 2003-2006. Precedentemente non erano state esposte in quanto erano come i pezzi di un puzzle che non era stato ancora definito, frammenti di un mosaico che aveva bisogno di essere completato per essere compreso appieno. Con il trascorrere del tempo le opere hanno trovato la loro armonia attraverso il concetto espresso con il termine greco di agorà, la piazza in cui anticamente si svolgevano il mercato, si tenevano le assemblee pubbliche e che quindi rappresentava il luogo dell’incontro tra le persone per eccellenza. Questo significato simbolico della piazza si è recentemente molto sbiadito per vari motivi, in particolare per la diffusione dei social media che hanno favorito la connessione tra gli individui ma li hanno anche resi maggiormente individualisti, più propensi ad un incontro virtuale rispetto ad uno reale.
Tuttavia, relazionarsi tramite un computer è differente rispetto ad un contatto interpersonale. E’ questa certa solitudine di fondo che si può ritrovare nell’ universo di coloro che si interconnettono, l’elemento principale delle opere di Karen Thomas. Per questo le rappresentazioni nelle tele non possono essere definite come figurative oppure astratte ma sono sagome simboliche, figure statiche o in movimento, possono essere singole o in gruppo. I colori sono forti, decisi, accostati al bianco, simbolo della tensione verso l’Assoluto.
In filigrana si legge la malinconia, a volte dolce, altre struggente, di coloro i quali cercano l’incontro con l’altro ma, dopo averlo cercato e vissuto, dall’agorà ritornano al proprio bozzolo.