Oreste Casalini è un artista eclettico con ricche esperienze internazionali a New York, Dubai, Mosca, ed impegni di prestigio come la progettazione del restyling della metropolitana di Napoli e la vincita del concorso LUAS Art Competition per la metropolitana di Dublino.
Senza dimenticare, nel 2010, la partecipazione come artista e curatore alla Biennale di Architettura di Venezia all’interno del progetto E-picentro, il cui tema è stato dedicato al terremoto che ha drammaticamente devastato l’Aquila. Le opere realizzate in quest’ultima occasione sono una cospicua parte della mostra intitolata: “Oreste Casalini. Una moltitudine. Opere dal 1998 al 2018” a cura di Paola Pallotta.
Essa si tiene presso l’Istituto Portoghese di S. Antonio a Roma, nell’omonima via, con apertura dal martedì al sabato dalle 16 alle 20. L’evento è realizzato sotto l’alto patrocinio dell’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede Dott. Antonio Almeida Lima. In occasione del vernissage ci ha gentilmente concesso un’ intervista l’artista il quale ha dichiarato che nella mostra vi è un aspetto particolare della sua attività, ovvero quello legato all’amore che ha sempre coltivato per la pittura intesa come una disciplina che deve essere padroneggiata e conosciuta per poter essere espressa. Essa ed il disegno vengono ritenuti come strumenti privilegiati per riflettere, pensare, nella linea metafisica della tradizione pittorica italiana, e non semplicemente quali tecniche di rappresentazione, magari legate ad una tendenza del momento. Si tratta di un qualificante elemento raffigurativo che è rimasto costante nel tempo.
Tale caratteristica rivela l’ aspetto intimo dell’artista, la cui produzione è molto legata anche a quelli che sono i “geni” dell’ italianità ed in particolare della romanità. Casalini si è formato artisticamente alla facoltà di Architettura, quando essa era ancora legata all’Accademia delle Belle Arti e nell’ Ateneo vi erano grandi maestri come Furio Fasolo. Per loro la storia dell’arte poteva essere appresa non tanto sui libri, quanto raffigurando con carta da spolvero e carboncino musei e chiese per ricercare i volumi, la prospettiva. Era quindi un’assimilazione dinamica dell’architettura. Accanto ai precedenti fattori vi è stata una personale reinterpretazione della Tradizione contestualizzandola nell’attualità, non intendendo l’arte in maniera fissa e determinata.
Questa concezione è legata ad un’esperienza personale altamente professionalizzante della fine degli anni ’80. In quel periodo Casalini ed altri suoi coetanei hanno iniziato a lavorare con degli artisti famosi in studi del quartiere S. Lorenzo a Roma. In sostanza, sono stati i loro assistenti e si sono formati come nelle botteghe classiche, per cui i circoli artistici sono stati una sorta di laboratorio alchemico in cui l’elaborazione concettuale è stato il passo successivo e non la premessa della produzione artistica. Tali competenze si ritrovano nell’installazione della mostra il cui fine principale è quello di evidenziare il valore della collettività sottolineando sia quello che vi è in comune al suo interno, sia le differenze fra le persone, ognuna con una propria individualità.
Ciascuno ha la sua dimensione che può essere separata dal tutto, pur restando nell’insieme e costituendo parte di un ritmo generale che è molto più forte di quello che, come singolo, ognuno è in grado di seguire. Tra gli appuntamenti dell’Istituto Portoghese si ricorda il ciclo di conferenze intitolato “I sentieri del pensiero contemporaneo”. Il qualificato relatore sarà il Prof. Giovanni Cogliandro, docente presso le Università Tor Vergata e Pontificia Università Gregoriana.
Gli incontri si terranno alle ore 18,00 nei giorni 21 marzo ed 11 aprile, avranno come tema rispettivamente la “Secolarizzazione e autenticità dell’esperienza religiosa” e “L’etica delle virtù e fioritura della persona umana”.