Addio monti, monti piccini, a far la scivolia io non ci vengo più (Canzone popolare scritta e cantata da Chechè)
Diamante (CS) - Cantava così Carmelo Cauteruccio, detto Chechè e ne rivendicava il testo di questa canzoncina sgrammaticata e senza senso che parlava di formaggini e di improbabili bandiere dai due o tre colori.
Nell’indifferenza e nella confusione dell’estate, Chechè ha detto definitivamente addio ai monti, ma soprattutto al mare perché comunque Chechè in tutta la sua stravaganza, in tutto il suo folklore era comunque uomo di mare, figlio di pescatori e pescatore lui stesso.
Con la sua scomparsa Diamante perde un personaggio popolare e amato che incarnava il prototipo del folletto irriverente, ma arguto, forte della sua semplicità condita da una buona dose di furbizia. Lo conoscevano tutti in paese ed anche i turisti, questo ometto dall’età indefinita che aveva conservato uno sguardo bambino su un corpo troppo malandato e precocemente invecchiato, divertiva il suo linguaggio gergale ricco di colorite metafore, arcaicismi dialettali, che sottendevano una sorta di surreale filosofia di vita esternata in alcuni momenti tra il proclama ed il comizio con una gestualità ed una mimica da caratterista del cinema.
Alcuni di questi momenti, immortalati da Tele Diamante ora impazzano su YouTube dove si può rivedere Chechè che dialoga con Gianni Pellegrino, con Archimede, risponde alle interviste e dispensa pillole di saggezza quotidiana. Ma Chechè non va ricordato solo per questo. Ne vanno ricordate le vicende umane di povero ragazzo del sud senza scuola e senza mestiere, di lavoratore precario e pensionato precoce aggrovigliato nelle maglie della burocrazia e dell’assistenzialismo, di persona sostanzialmente sola che ha dovuto affrontare le malattie che troppo presto gli hanno portato il conto; di persona schietta che le cose le diceva in faccia, uno dei pochi, per esempio che esternava liberamente e sinceramente il suo voto. Ho seguito negli ultimi tempi le sue vicende di salute e mi vengono in mente flash che fortemente contrastano con l’immagine istrionesca che tutti ne avevamo.
L’ho visto andare a fare dialisi col motorino e con il giornale sopra il petto per proteggersi dal vento, chiedermi con ansia e preoccupazione la risposta dell’esame istologico, non chiedermi niente, ma interrogarmi con gli occhi quando veniva trasportato dopo l’intervento chirurgico in sala di rianimazione. Se ne è andato nella confusione dell’estate, ma Diamante non ha dimenticato questo clown cittadino dal cuore triste, questo suonatore Jones, questo Pierrot goffo e impertinente nel cui cuore albergava meno ipocrisia che in tanti altri e che ora non farà più la “scivolia dai monti piccini”.