“La preoccupazione” di Madre Natura nell’assicurare la sopravvivenza dell’individuo e della specie, appare come una costante nella scala filogenetica e una finalità assolutamente prioritaria. Ogni essere vivente, nel contempo nel duplice ruolo di aggressore e preda, comunque inserito in una catena alimentare ha, a tal fine, proprie “strategie, come mosse dal principio: “Mors tua, vita mea”. Anche noi fuori dalla giungla vera e propria, quindi al riparo dall’essere sbranati da quei predatori, veniamo aggrediti da (si pensi a Ebola!) e aggrediamo tantissimi agenti patogeni, fastidiosi e letali.

Per quel che concerne le strategie di sopravvivenza assicurate eredo-geneticamente, si pensi al fenomeno del tropismo, ossia alla tendenza, detta anche organo tropismo, di alcuni microrganismi a localizzarsi prevalentemente in determinati organi ed apparati con una capacità di mutazione e di sviluppo della resistenza, per cui i nostri mezzi di difesa sono sempre più messi a dura prova, nullificati e, addirittura, metabolizzati. Si pensi anche al fenomeno della resistenza anche da parte di insetti, quali le mosche. Queste, come tanti altri organismi più piccoli, sono costantemente in allarme, per cui basta un qualsiasi evento, impercettibile per noi, per scatenare la loro fuga: con i loro rapidi e imprevedibili voli a zig zag, sparendo alla nostra vista, sfidano in modo quasi sempre frustrante, ogni nostro tentativo di ucciderle. Quello del mimetismo (non solo dei camaleonti!) è una delle strategie di sopravvivenza tra le più stupefacenti. Nei viventi dotati di cervello, grazie a un più o meno complesso sistema d’allarme, collegato con altrettanto complesse strutture, organi ed apparati (si pensi anche a quello neurormonale in funzione di situazioni stressanti), c’è l’alternativa della lotta o della fuga, o anche di altri espedienti di vario tipo. Soltanto vedendo uno di tanti documentari televisivi sulla vita animale, si potrà constatare come, nelle specie che ci precedono nella scala filogenetica, sussistano comportamenti che, se attuati da noi, sarebbero stigmatizzati come immorali o addirittura criminali.

Tra questi per esempio, i comportamenti predatori, gli agguati mortali, le alleanze finalizzate alla cattura anche di cuccioli, per i quali vengono messe in atto, da parte degli adulti del resto del branco, strategie in loro difesa. Perfino da parte di insetti, come le formiche, avvengono rapimenti e riduzione in stato di schiavitù, per avere prestazione di lavori forzati, o dei pinguini, tra i quali i più furbi rubano le pietre ai loro consimili che le avevano raccolte a fatica per le loro uova. Senza parlare degli uccelli che rubano quanto catturato dai ragni nelle loro ragnatele… già le ragnatele!... non si finirebbe più di riportare esempi di “ spietatezza amorale” in natura. Questi ed altri comportamenti (24 per la Scuola di Mac Lean), sono possibili, perché rappresentati da rispettive istanze o “modelli comportamentali di base” che nella specie umana vengono censurati anche penalmente, mentre in natura sono tesi ad assicurare, non solo la sopravvivenza individuale, bensì pure un’affermazione ottimale della specie. Tali comportamenti, sempre secondo la suddetta Scuola, vengono evocati automaticamente, ossia secondo il meccanismo stimolo-risposta e messi in atto da specifici stimoli-chiave: a parte quelli riguardanti la sessualità, si pensi a quelli emanati dai cuccioli. A tal proposito, se non si ammettesse una loro certa autonomia, ciascuno evocabile da specifici stimoli chiave, ci riuscirebbe incomprensibile il perché lo stesso insieme-stimoli-da-cucciolo nella madre evochino comportamenti di accudimento verso i propri piccoli mentre, da parte della stessa, scatenino reazioni cruente verso i cuccioli delle altre specie.

Si deve ammettere pure che la quota del flusso energetico che attiva l’uno o l’altro di tali comportamenti, sottragga alimento energetico ad altri. Ci sono in proposito volgari espressioni popolari che sembrano significativamente corrispondere alla su accennata alternativa funzionale dei modelli comportamentali di base, come quella di alcuni ambienti dove l’autostima e il prestigio sta nell’istanza di predominio: “meglio comandare che fottere!”: La lotta per la leadership o per il predomino fa parte dei suddetti modelli comportamentali del Rettiliano, in base ai quali ciascun membro fa di tutto per conquistare la posizione più vantaggiosa in seno allo stesso branco, fino a sfidare il capobranco! Tutto per il prolungamento e la sopravvivenza della specie. Grazie (nella fattispecie... purtroppo) all’arricchimento strutturale e quindi funzionale del cervello umano, questi avrebbe migliori, quantitativamente e qualitativamente, prestazioni anche sul versante più eticamente negativo: tanto per indicarne qualcuna, propriamente umana, la perfidia, la malvagità. Ma ancora di più, per i peggiori comportamenti umani, sono responsabili gli espedienti (erroneamente ritenuti educativi), con i quali, di solito in buona fede, si allevano i figli; espedienti che sono in fondo, rispondenti più alle esigenze dell’educatore che dell’educando. Infine, anche se le difese immunitarie di primo acchito, non apparirebbero come annoverabili tra le strategie, lo saranno, invece, quando si tenga in debito conto che esse dipendono dall’attivazione tempestiva del sistema endorfinico” (v. questa voce su internet). Questo sistema, a sua volta, dovrebbe essere catalizzato da stimolazioni gradevoli che, sarebbe auspicabile sin dal concepimento, il nascituro avesse dal corpo, anzi dallo status bioenergetico della madre. Perché la spietatezza in natura e in cultura ? Occorrerà anzitutto precisare che, in questo scritto, il termine spietatezza sta a indicare anche la semplice mancanza di pietas: per es., quella del macellaio o quella di chi tira il collo a un pollo per il desco della famiglia.

Questo (purtroppo), nell’accezione comune, sembrerebbe non comportare alcuna violenta crudeltà, come invece normalmente avviene per le reazioni vendicative e in guerra. Per dare una risposta plausibile a tale questione, ci potrà soccorrere quanto emerso dalla precedente accennata teoria del cervello uno e trino della Scuola macleaniana, in particolare il dato che ogni livello di organizzazione cerebrale abbia una sua autonomia, come ciascuno dei modelli comportamentali. Ciò consentirebbe a ciascuno dei viventi dotati della struttura del Rettiliano, di scatenare un tipo di comportamento anziché un altro, comunque finalizzato alla soddisfazione di bisogni vitali per sé, i propri figli e la propria specie, senza remore di ordine etico. Insomma l’interferenza di umori e strutture, deputati all’empatia, alla pietas, rende sensibili a stimoli chiave, come quella dei cuccioli che, grazie ad ormoni come l’ossitocina e a strutture come i neuroni specchio, evocherebbero sentimenti di tenerezza, di solidarietà e protezione parentale. In tal caso, tanti predatori che, per sfamare se stessi e la prole, devono dar caccia spietata anche a cuccioli, pulcini, pesci di altre specie,si sarebbero estinti già da tempo, se l’ istanza della caccia, per la suddetta finalità, venisse inibita da quella dell’accudimento alla propria prole. Si pensi pure al comportamento dei coccodrilli che accudiscono le proprie creature tenendole in bocca. Ma perché tutto ciò, spietatezza compresa, si verifica anche in noi umani? La stessa Scuola ci informa che nell’evoluzione filogenetica, il nostro cervello ha conservato tutti i modelli comportamentali di base del rettiliano, per cui si è in grado di attivarli in situazione di emergenza o, come sopra accennato, dopo aver subito un torto, si potrà scatenare una reazione di vendetta o quando ci si trovi in condizioni di doversi difendere da una cruenta aggressione. Tragiche planetarie conseguenze ha avuto l’esclusione della pietas, come si evince dal successo delle teorie del dr. Schreber, che a “fin di bene,” ossia per porre rimedio a ciò che egli riteneva la causa dei mali della Germania del suo tempo, cioè la rilassatezza dei costumi, escogitò propri metodi “pedagogici” ( V. di Morton Schatzman: La famiglia che uccide, ed. Feltrinelli).

Questi metodi infatti, erano informati al principio che in qualsiasi modo bisognava annullare la volontà dell’educando per sostituirla assolutamente con quella dell’educatore! I suoi scritti vennero tradotti in 35 lingue e costituirono una specie di Vangelo nella Germania della generazione hitleriana! Si spiega così l’ubbidienza assolutamente acritica al capo! Strumenti di tortura conservati nel musei, ci rendono un’idea della spietatezza delle “umane belve” (Ugo Foscolo) sin dai primi albori della nostra specie che poi, non sono del tutto cambiate neanche ai nostri giorni. In base a quanto esposto succintamente in questo articolo che, come capitoletto fa parte di un editando libro, si potrà dedurre che, occasionalmente nel cervello di alcuni, o permanentemente in altri, prevalga tuttora il cervello Rettiliano come “centrale operativa” di base, nonostante secoli di “civilizzazione” e di eccellenti geni nei vari campi della cultura.

Si potrà spiegare così il motivo per cui, ancora oggi, in una società “civilmente avanzata,” prevalgano comportamenti “spietati,predatori, prevaricatori” e quando si pensi che tra i suddetti modelli comportamentali, tra i più forti vi sono quelli del predominio, della lotta per la leadership… leggasi pure egemonia. Infatti nella nostra storia, vediamo sempre, come protagonista, la lotta per il territorio caratterizzata da guerre d’indipendenza e di secessione.