Il mondo del calcio è pieno di allenatori vincenti ma in pochi sono riusciti a diventare iconici per il loro modo di intendere la tattica e la strategia.

C’è chi cita Arrigo Sacchi ed il suo Milan e chi, più nostalgico, si ricorda del Benfica di Bela Gunttmann. Ai giorni nostri uno dei tecnici più influenti è senza dubbio Pep Guardiola. Nel 2007 lo spagnolo diventa allenatore del Barcellona B e da lì ha inizio la sua splendida carriera come insegnante di calcio; da quell’8 giugno ha vinto 40 trofei militando nei club più forti del globo terrestre. Non è questo, però, ad averlo fatto diventare iconico quanto il suo modo propositivo di giocare alla continua ricerca delle fitte trame di passaggio per arrivare all’obiettivo finale: il gol.

Dai settori giovanili alle prime squadre in molti hanno tentato di imitare Guardiola che, da uomo intelligente quale è, si è dovuto adattare ai vari cambiamenti delle squadre per proseguire il suo cammino virtuoso. Da un attacco senza punti di riferimento statici - la possibilità gli è stata concessa dal Fato avendo avuto un certo Leo Messi in rosa - al centravanti di peso come Erling Haaland (non è un fatto che dopo l’acquisto del norvegese il Manchester City abbia vinto la Champions League). Attualmente sono almeno sette gli allenatori che hanno appreso il meglio da Pep trasferendo le sue idee alle proprie squadre.

Xavi: genio in campo ed erede in panchina
Uno dei centrocampisti più completi di sempre è stato calciatore dello stesso Guardiola e nelle sue due esperienze ha messo in pratica quanto studiato con il tecnico catalano. Al-Sadd prima e Barcellona in seguito hanno goduto della sua esperienza riuscendo a portare a casa 7 trofei in Qatar e 2 con i blaugrana. Certamente l’ex regista era avvantaggiato essendo cresciuto con la cultura della Catalogna, con quel “mas que un club” tatuato sulla pelle oltre che dentro la testa. Attualmente è svincolato ma non dovrebbe impiegare molto per trovare un posto adatto alle sue caratteristiche.

Xabi Alonso, una carriera al servizio del calcio
Il guardiolismo entra nelle vene ed è proprio il caso di Xabi Alonso. Centrocampista magistrale nato a Tolosa nei paesi baschi ma dallo stile madridista. Ha vinto tutto con i Blancos ed il Liverpool ma il suo switch mentale è avvenuto sul finire della sua carriera da calciatore quando nel Bayern Monaco ha incontrato proprio Guardiola da cui ha imparato molto. Il risultato è stato visto da tutti lo scorso anno con il Bayer Leverkusen che ha ribaltato gli schemi, ha vinto quando non doveva vincere. La rivincita delle aspirine è passata soprattutto dal suo calcio.

Enzo Maresca: un nuovo Chelsea con un nuovo modus operandi
L’ex bianconero si è incollato a Guardiola come il miglior allievo, seguendolo nei vari passaggi in Premier League fino alla tanto agognata prima volta sul terreno di gioco. Il Chelsea ha dato fiducia a lui e, non potendo arrivare a Pep, ha puntato sul suo studente migliore. Assistant Manager nella stagione del triplete ed allenatore della Primavera del Manchester City, proprio lì dove ha preso appunti ha potuto esprimere il meglio di sè. L’autonomia gli sta regalando diverse soddisfazioni con l’Europa da centrare e la Conference League come trampolino di lancio per il futuro.

Mikel Arteta: giovane e volenteroso
L’Arsenal che sta stupendo, una società che vuole tornare quanto prima ai fasti vissuti con Arsene Wenger. Mikel Arteta ci sta riuscendo costruendo piano piano un’armata incredibile dopo aver fatto l’esperienza più formante della sua carriera da allenatore come Assistant Coach del Manchester City dal 2016 al 2019. Approfondimenti tattici e piccole situazioni che lo stanno facendo maturare e non poco.

Luis Enrique: diventato maestro dopo Pep
Da queste parti si è visto subito sulla panchina della Roma, dopo essere stato secondo allenatore ai tempi del primo Barcellona di Guardiola. Dal 2008 al 2011 ha assimilato quante più nozioni possibili per poi ripercorrere quella mentalità blaugrana in giro per i campi di calcio. Il triplete con lo stesso Barca ha lasciato ricordi splendidi in patria, così come la guida della Spagna. A Parigi sono ripartiti da lui per cercare di fare il salto di qualità cominciato dall’arrivo di Carlo Ancelotti.

Kompany: poca esperienza ma tanto studio
Pilastro del Manchester City di Pep Guardiola dal 2016 al 2019, non ha perso tempo diventando subito allenatore, dopo l’ultimo anno da calciatore all’Anderlecht. Esperienza belga, campionato di Serie B inglese vinto con il Burnley e subito grandi palcoscenici. Il suo calcio? Ormai lo conosciamo, ed anche in Baviera ne sono rimasti soddisfatti dopo l’esperienza di Guardiola proprio al Bayern Monaco.

Ten Hag: sottovalutato ma con idee precise
Proprio quando Guardiola allenava la prima squadra, ErikTen Hag sedeva sulla panchina del Bayer Monaco Primavera; luogo in cui ha appreso molti dettami tattici e proprio da questa esperienza che ha cambiato la sua visione delle partite. Con il guardiolismo in tasca è riuscito in alcune imprese con l’Utrecht, diventando grande all’Ajax e - carta canta - vincendo Carabao Cup ed FA con il Manchester United.

Pep Guardiola non solo ha plasmato nuove generazioni di allenatori con il suo modo di intendere il pallone ma ha anche portato il modello Barcellona al Manchester City. Il successo sportivo dei catalani, infatti, arriva da una concezione più allargata rispetto alla sola prima squadra; i settori giovanili si adattano al “capo-gruppo” andando a giocare con gli stessi sistemi di gioco (motivo per il quale escono fuori dal cilindro diversi giovani interessanti non facendo sentire la mancanza dei titolari). Attualmente il Barcellona ha 8 calciatori in prima squadra al di sotto dei 21 anni: Yamal, Bernal, Cubarsi, Fort, Gavi, Casado, Lopez; altri tre hanno 22 anni: Torre, Pedri, Fati; insomma il modello è unico è imitabile. Quanto ha creato il Manchester City di Guardiola è simile andando a formare non solo i settori giovanili ma anche altre compagini appartenenti al City Football Group: New York City, Melbourne City, Torque, Girona, Mumbai City, Lommel, Troyes, Palermo e Bahia. Tutte società che pensano come chi è a capo di questa particolare holding, tutte con lo stesso stile di gioco: il Guardiolismo.